a cura di Giovanni De Donno e Benedetta Paladini
Lo Studio De Donno & Partners Avvocati Giuslavoristi ha assistito la Società Q. S.r.l., nella controversia contro la Lavoratrice S., ottenendo in proprio favore la relativa statuizione, attesa l’innovativa proposizione della questione, inerente il termine di decadenza per impugnare il licenziamento nel caso di trasferimento d’azienda.
Procedendo con ordine, con ricorso depositato in data 25 gennaio 2017, la Lavoratrice M. S., aveva convenuto in giudizio la Società Q. S.r.l., che dopo aver ceduto, in data 13 dicembre 2013, un proprio ramo d’azienda (nella specie una Sala Giochi) a M. S.a.s., datore di lavoro della ricorrente, al fine di gestirla, aveva riacquisito lo stesso. Fermo restando che la cessionaria aveva assunto la Lavoratrice in data 7 febbraio 2014, per licenziarla successivamente, in data 28 giugno 2016. Motivo, questo, per cui la Lavoratrice chiedeva di accertare il proprio diritto all’assunzione alle dipendenze della Società Q. S.r.l., ai sensi dell’art. 2112 c.c., con decorrenza dalla data della retrocessione, 10 marzo 2016 e, richiedeva anche il pagamento di tutti i crediti maturati e non versati dall’iniziale cessionaria fino al 10 marzo 2016 e, gli importi maturati anche dopo tale data.
Parte resistente si costituiva come da rito, eccependo preliminarmente la decadenza dall’azione in cui è incorsa la Lavoratrice, ex art. 32, c. 4, lett. c) e d), L. n. 183/2010.
All’udienza di discussione, il Giudice del Lavoro, Dott.ssa L. T., ha respinto il ricorso, introducendo una “nota di novità” circa la questione del termine decadenziale di 60 (sessanta) giorni, applicabile anche nel caso di rivendicazione della sussistenza di un trasferimento d’azienda.
Muovendo dalle premesse, l’art. 32, c. 4, della Legge n. 183 del 2010, sancisce che in caso di licenziamento, il Lavoratore possa impugnare lo stesso in via stragiudiziale entro 60 (sessanta) giorni, mentre tramite ricorso giudiziale entro 180 (centottanta).
Ebbene, l’organo giudicante milanese pone a fondamento della propria pronuncia una recente statuizione della Corte d’Appello di Palermo, del 28 dicembre 2016, n. 993 – Pres. Frasca, Rel. Di Marco.
Le disposizioni dell’art. 6, L. 604/1966, come modificato dall’art. 32, comma 1, L. 183/2010 (c.d. “Collegato Lavoro”), si applicano “c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del trasferimento”.
La questione, tuttavia, è se il termine di decadenza in questione riguardi solamente l’ipotesi in cui il lavoratore intenda contestare l’avvenuto trasferimento del rapporto, in forza di un’operazione di cessione d’azienda non genuina, ovvero anche al caso del mancato passaggio del contratto di lavoro al cessionario, pur in presenza di un effettivo trasferimento d’azienda.
Secondo la Corte d’Appello di Palermo la risposta è affermativa.
Tale interpretazione sarebbe peraltro coerente con la ratio della disposizione, vale a dire quella di circoscrivere entro tempi brevi e ragionevoli il diritto del prestatore di agire nei confronti del datore di lavoro allo scopo di assicurare certezza nei rapporti tra le parti.
La lettera c) dell’art. 6 in particolare, in base al significato proprio delle parole secondo la loro connessione, non consente di limitare l’applicabilità del regime della decadenza alla sola ipotesi in cui il lavoratore contesti la successione di azienda e la cessione del proprio contratto.
L’ipotesi normata richiama infatti l’istituto di cui all’art. 2112 c.c. pone quale dies a quo “la data del trasferimento” e non opera alcun distinguo. Perciò deve ritenersi in essa ricompresa sia l’ipotesi in cui si contesta la cessione del contratto, sia quella in cui tale cessione sia invece affermata e rivendicata.
Di conseguenza il lavoratore interessato avrà sessanta giorni di tempo, decorrenti dal momento in cui vi sia stato detto trasferimento, per contestare la mancata cessione del proprio contratto e rivendicare la prosecuzione del rapporto di lavoro con il cessionario.
Il fondamento di tale interpretazione sarebbe da individuarsi nella tutela da garantire al cessionario, evitando allo stesso che i dipendenti del cedente possano fare valere la costituzione del rapporto di lavoro alle sue dipendenze (con effetto retroattivo dal trasferimento d’azienda), entro l’ordinario termine di prescrizione. Se così non fosse, infatti, il supposto cessionario sarebbe esposto alle azioni giudiziarie di tutti i dipendenti del supposto cedente entro i termini della prescrizione ordinaria, con evidente irragionevole disparità di trattamento rispetto al secondo “tutelato” dal ristretto termine di decadenza.
Pertanto, in forza di quanto sopra riportato, la Sezione Lavoro del Tribunale di Milano ha stabilito che, la Lavoratrice avrebbe dovuto rivendicare il proprio diritto al passaggio alle dipendenze della Società Q. S.r.l. entro 60 (sessanta) giorni, in via stragiudiziale, a partire dalla data del trasferimento d’azienda, identificata nel 10 marzo 2016, per poi procedere in via giudiziale. Dagli atti, è risultato, invece, che l’impugnazione è stata effettuata in data 17 novembre 2016, quindi ben oltre il termine di 60 (sessanta) giorni, così come comunque esorbitante risulterebbe il termine se lo si volesse far decorrere dalla data del licenziamento della lavoratrice da parte dell’iniziale cessionaria, intervenuto il 28 giugno 2016.
Per questi motivi il ricorso è stato respinto.